Il pignoramento del conto corrente rappresenta uno degli strumenti più rapidi ed efficaci per il recupero dei crediti, soprattutto quando ad agire è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Negli ultimi anni, a seguito della soppressione di Equitalia e del riordino delle attività di riscossione, il Fisco ha acquisito poteri più incisivi che gli consentono di procedere al pignoramento diretto dei conti bancari senza l’intervento preventivo del giudice.
Questo cambiamento ha profondamente modificato le tutele a disposizione dei debitori, riducendo i tempi di azione dell’amministrazione fiscale e aumentando il rischio per i contribuenti inadempienti. Comprendere come funziona questo meccanismo e quali strumenti difensivi la legge mette a disposizione è fondamentale per tutelare efficacemente il proprio patrimonio. Affrontare in modo tempestivo e consapevole una situazione di pignoramento può infatti fare la differenza tra la perdita automatica delle somme depositate in banca e la possibilità di opporsi con successo alle pretese dell’Ente.
Il pignoramento diretto del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione
Con l’entrata in vigore del decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2017, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha acquisito la facoltà di accedere direttamente alle banche dati e di procedere autonomamente al pignoramento dei conti correnti. In caso di mancato pagamento di una cartella esattoriale, trascorsi 60 giorni dalla notifica senza che sia stato effettuato il pagamento, l’Ente della riscossione può inviare direttamente alla banca l’atto di pignoramento, senza la necessità di ottenere preventivamente un provvedimento del giudice. L’importo pignorato viene immediatamente bloccato e destinato al pagamento del debito fiscale. La banca o l’ufficio postale, considerati “terzi debitori”, sono obbligati a eseguire il blocco e successivo versamento delle somme pignorate. Questo meccanismo accelera enormemente il recupero dei crediti fiscali, ma restringe notevolmente gli spazi di reazione immediata per il debitore.
Differenze tra pignoramento ordinario e pignoramento fiscale
Nel caso di crediti tra privati o tra imprese, il pignoramento del conto corrente rientra nella procedura ordinaria di pignoramento presso terzi, che richiede l’intervento del giudice. Il creditore deve ottenere un titolo esecutivo, notificare l’atto di precetto e richiedere al giudice l’autorizzazione al pignoramento. Diversamente, per i debiti fiscali l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può agire direttamente, senza necessità di rivolgersi al Tribunale. L’atto di pignoramento viene inviato alla banca e successivamente notificato al debitore, il quale ha un ulteriore termine di 60 giorni per saldare il debito. Se il pagamento non avviene, la banca è tenuta a versare al Fisco le somme bloccate. Questa procedura privilegiata per i crediti tributari rappresenta una deroga significativa ai principi generali dell’esecuzione forzata, giustificata dall’interesse pubblico alla rapida riscossione delle entrate erariali.
Come difendersi dal pignoramento del conto corrente
Chi riceve un atto di pignoramento diretto del conto corrente ha a disposizione specifici strumenti di tutela. È possibile proporre opposizione alla cartella di pagamento o agli atti esecutivi, contestando vizi di forma, prescrizione del credito o altre irregolarità. I termini per presentare opposizione variano a seconda della natura del tributo e dell’atto impugnato: è fondamentale agire tempestivamente per non incorrere nella decadenza dei propri diritti. Inoltre, occorre prestare attenzione alla competenza territoriale e giurisdizionale del giudice a cui rivolgersi. Vista la complessità della materia e i rischi connessi a errori procedurali, è fortemente consigliato affidarsi a un avvocato esperto in diritto tributario, capace di valutare correttamente la situazione e individuare la strategia difensiva più adeguata. Una tempestiva reazione può consentire di ottenere la sospensione del pignoramento o addirittura l’annullamento dell’intera procedura.