Asilo politico e Protezione internazionale: cosa prevede la legge?

by Redazione

La protezione internazionale rappresenta un fondamentale strumento di tutela dei diritti umani, riconosciuto agli stranieri che fuggono da situazioni di persecuzione, tortura o conflitto armato. La normativa italiana si ispira ai principi sanciti dalla Convenzione di Ginevra e dai regolamenti europei, garantendo accoglienza e protezione a chiunque dimostri di trovarsi in uno stato di pericolo grave ed effettivo. L’accesso alla protezione è disciplinato da una serie di norme dettagliate che regolano la procedura per la presentazione della domanda, la sua istruttoria e l’esito finale.

Il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria comporta il diritto ad ottenere un permesso di soggiorno, la possibilità di ricongiungere i familiari e l’accesso a servizi fondamentali come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e il lavoro. L’intero iter amministrativo e giudiziario è strutturato per offrire adeguate garanzie procedurali, ma richiede al richiedente una particolare attenzione nell’adempimento degli obblighi formali e nella tempestività delle richieste. Una comprensione chiara delle modalità di richiesta e dei diritti connessi alla protezione internazionale è essenziale per orientarsi correttamente nell’ambito delle procedure previste dalla legge italiana.

Chi può presentare domanda per il riconoscimento della protezione internazionale?

La domanda di protezione internazionale può essere presentata da qualsiasi straniero che si trovi in Italia e che tema per la propria vita o libertà personale a causa di persecuzioni, torture o guerre nel proprio Paese d’origine. La richiesta può essere avanzata anche da chi è entrato irregolarmente nel territorio italiano ed è privo di documenti di identità o di viaggio. Non rileva, dunque, il modo in cui lo straniero ha raggiunto l’Italia, ma le ragioni sostanziali che lo spingono a chiedere protezione. Il richiedente deve fornire nella domanda una motivazione chiara, indicando le circostanze di persecuzione o danno grave subite o temute. Gli agenti di persecuzione possono essere sia lo Stato, sia gruppi o organizzazioni che ne controllano una parte, oppure soggetti non statuali, nel caso in cui lo Stato non offra protezione efficace. Non esiste un termine preciso entro cui presentare la domanda, tuttavia è consigliabile farlo tempestivamente per evitare problemi legati alla permanenza irregolare. Le principali nazionalità dei richiedenti asilo in Italia comprendono, secondo i dati del Ministero dell’Interno, persone provenienti da Bangladesh, Nigeria, Pakistan, Senegal, Mali, Gambia, Ucraina e molti altri Paesi.

Dove presentare la domanda di protezione internazionale

La domanda di protezione internazionale deve essere presentata presso la Polizia di frontiera o la Questura competente per il luogo di domicilio prescelto. Non è necessario recarsi alla frontiera: il richiedente può rivolgersi anche alla Questura della città in cui intende stabilirsi. Dopo la presentazione, la Questura rilascia un documento che attesta l’avvenuta richiesta e fissa una data per la verbalizzazione. Questa procedura avviene mediante la compilazione del modello C3, che raccoglie dati anagrafici e informazioni essenziali sulle ragioni della fuga dal Paese d’origine. La Questura non può respingere la domanda di protezione internazionale. Se il richiedente è in possesso del passaporto, deve consegnarlo insieme a quattro fotografie e ai documenti relativi al domicilio eletto. Qualora non abbia documenti a causa del pericolo derivante dal contatto con le autorità del proprio Paese, può fornire certificazioni anagrafiche alternative. È importante anche eleggere un domicilio corretto, poiché tutte le comunicazioni ufficiali saranno inviate a quell’indirizzo. Entro breve tempo, viene rilasciato un attestato nominativo in attesa del permesso di soggiorno per richiesta asilo.

Chi non può ottenere protezione

La normativa italiana ed europea prevede espressamente che alcuni soggetti siano esclusi dal beneficio della protezione internazionale. Non può essere riconosciuto rifugiato né beneficiario di protezione sussidiaria chi abbia commesso gravi crimini, come crimini di guerra, crimini contro l’umanità o gravi reati comuni prima dell’ingresso in Italia. Anche chi ha agito contro i principi e i fini delle Nazioni Unite è escluso dalla protezione. La valutazione dell’inammissibilità non è compito della Questura, ma della competente Commissione Territoriale. In caso di pericolo per la sicurezza nazionale o per l’ordine pubblico, la protezione non sarà concessa, pur restando garantita l’analisi della domanda. È inoltre previsto che la domanda possa essere respinta per manifesta infondatezza, quando mancano evidentemente i presupposti richiesti dalla legge, o se risulta presentata solo per evitare un’espulsione o un respingimento.

Chi decide della domanda

L’organo competente a decidere sulla domanda di protezione internazionale è la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Attualmente, le Commissioni presenti sul territorio italiano sono venti, istituite con il Decreto Legge n. 119/2014. La Commissione territorialmente competente è quella del luogo dove è stata presentata la domanda, salvo i casi di trattenimento o accoglienza nei centri per richiedenti asilo, dove la competenza spetta alla Commissione di riferimento del centro. La Commissione opera attraverso un’istruttoria che comprende l’audizione del richiedente, la valutazione delle prove documentali e ogni altro elemento utile a stabilire se concedere la protezione.

Quali sono gli esiti possibili dell’audizione presso la Commissione Territoriale

All’esito dell’audizione, la Commissione può adottare diversi provvedimenti. Può riconoscere lo status di rifugiato o concedere la protezione sussidiaria, a seconda della natura e gravità delle persecuzioni o dei danni temuti. In alternativa, può rigettare la domanda, dichiararla manifestamente infondata, o ritenerla inammissibile se, ad esempio, la richiesta è stata già esaminata da un altro Stato europeo competente. In presenza di motivi umanitari gravi, non riconducibili alla protezione internazionale, la Commissione può chiedere alla Questura di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari. La normativa distingue chiaramente tra atti di persecuzione e danni gravi, elementi decisivi per stabilire il tipo di protezione da accordare.

Lo status di rifugiato

Lo status di rifugiato viene riconosciuto a chi è vittima di atti di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale o opinione politica. Gli atti di persecuzione devono essere gravi, sistematici o di tale intensità da violare diritti fondamentali. Essi possono consistere, ad esempio, in violenze fisiche o psicologiche, provvedimenti discriminatori o sanzioni penali sproporzionate. Il riconoscimento dello status di rifugiato consente l’ottenimento di un permesso di soggiorno quinquennale, il rilascio di un titolo di viaggio per viaggi internazionali, il diritto al ricongiungimento familiare senza particolari requisiti economici, l’accesso all’occupazione, all’istruzione e ai servizi di assistenza sanitaria e sociale in condizioni di parità con i cittadini italiani.

La protezione sussidiaria

La protezione sussidiaria si applica nei casi in cui il richiedente, pur non potendo essere qualificato come rifugiato, rischia di subire un danno grave nel suo Paese d’origine. Tali danni comprendono la condanna a morte, la tortura o trattamenti inumani o degradanti, oppure la minaccia grave alla vita derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato. Chi ottiene la protezione sussidiaria riceve un permesso di soggiorno di cinque anni, può ottenere il titolo di viaggio, beneficiare del diritto al ricongiungimento familiare senza dover dimostrare reddito o alloggio e ha pieno accesso ai servizi essenziali. La protezione sussidiaria tutela dunque chi, pur non rientrando nella definizione classica di rifugiato, si trova in situazioni di pericolo estremo.

Audizione del richiedente

L’audizione del richiedente costituisce un momento fondamentale del procedimento, anche se non è obbligatoria. Tuttavia, se il richiedente viene convocato, ha l’obbligo di presentarsi, salvo giustificato motivo. La Commissione può decidere anche sulla base dei documenti presentati, senza audizione personale, se ritiene di avere elementi sufficienti. L’appuntamento per l’audizione viene comunicato dalla Questura presso il domicilio eletto. È obbligatorio mantenere aggiornato il domicilio indicato, pena la possibile perdita di comunicazioni importanti. Se il richiedente non si presenta senza giustificato motivo, la Commissione valuterà la domanda basandosi esclusivamente sulla documentazione disponibile.

Quali sono i tempi ed i modi per l’esame della domanda

L’esame della domanda di protezione internazionale deve avvenire in tempi rapidi. La normativa prevede che l’audizione avvenga entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, con decisione da adottarsi nei tre giorni successivi. Le domande che appaiono palesemente fondate o presentate da persone vulnerabili sono esaminate con procedura prioritaria. Anche i richiedenti trattenuti nei centri di accoglienza o di identificazione sono sottoposti a esame accelerato. Queste tempistiche ridotte sono pensate per assicurare una protezione tempestiva o, al contrario, per agevolare il rigetto delle domande infondate.

Riesame

In caso di esito negativo della domanda, è possibile chiedere un riesame, ma solo se emergono elementi nuovi o documenti precedentemente non reperibili. Il riesame rappresenta una possibilità ulteriore di ottenere protezione, ma non sostituisce il diritto di proporre ricorso. Infatti, anche se si presenta un’istanza di riesame, è comunque necessario agire giudizialmente per evitare l’espulsione e garantire la propria permanenza sul territorio italiano.

Ricorso

Il ricorso avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale si presenta presso il Tribunale ordinario competente per territorio. Il termine per proporre ricorso è di 30 giorni dalla notifica della decisione negativa. Il deposito del ricorso sospende automaticamente l’espulsione, salvo casi specifici previsti dalla normativa. È possibile richiedere contestualmente la sospensione del provvedimento impugnato per gravi e fondati motivi. Dopo il ricorso, è rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo. In caso di esito negativo anche in Tribunale, si può presentare ricorso per Cassazione. I richiedenti asilo hanno diritto, se in possesso dei requisiti di reddito, al gratuito patrocinio a spese dello Stato, potendo autocertificare il proprio reddito.

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