Riforma Fornero: come cambia la disciplina delle “false partite IVA”?

by Redazione

La diffusione delle false partite IVA rappresenta da anni una delle principali criticità del mercato del lavoro italiano. Molti lavoratori formalmente autonomi sono, in realtà, inseriti stabilmente nell’organizzazione aziendale, senza godere dei diritti riconosciuti ai dipendenti. Per contrastare questo fenomeno e tutelare i lavoratori precari, la Riforma Fornero ha introdotto nuove regole volte a smascherare le collaborazioni fittizie. Con l’adozione di criteri oggettivi, la legge facilita la qualificazione del rapporto come subordinato, garantendo ai lavoratori il riconoscimento di diritti fondamentali quali ferie, malattia e tutele previdenziali. Conoscere i meccanismi previsti dalla riforma è essenziale per tutelarsi da abusi e rivendicare il corretto inquadramento contrattuale.

L’obiettivo della Riforma Fornero sulle false partite IVA

La Riforma Fornero ha inteso arginare l’abuso delle partite IVA utilizzate come strumento per mascherare rapporti di lavoro subordinato. Il legislatore ha cercato di tutelare quei lavoratori che, pur formalmente autonomi, dipendono economicamente e organizzativamente da un solo committente senza alcuna garanzia propria del lavoro dipendente. Ferie, malattia, maternità e TFR, infatti, sono diritti negati ai titolari di false partite IVA. La normativa mira a proteggere queste figure, garantendo una maggiore stabilità lavorativa e favorendo la corretta qualificazione dei rapporti. Il sistema introdotto prevede criteri oggettivi che, al loro ricorrere, fanno presumere la subordinazione del rapporto, con conseguente applicazione delle tutele proprie del lavoro dipendente.

I criteri per riconoscere una falsa partita IVA

La Riforma Fornero stabilisce tre criteri principali per individuare una falsa partita IVA: durata del rapporto, entità del compenso e disponibilità di una postazione fissa. Se almeno due di questi requisiti si verificano, il rapporto si presume subordinato salvo prova contraria. In particolare, la presunzione opera quando:

  • La collaborazione dura più di otto mesi l’anno per due anni consecutivi;

  • Il collaboratore percepisce oltre l’80% del reddito da un unico committente in due anni consecutivi;

  • Il lavoratore dispone di una postazione fissa presso la sede aziendale.
    Al verificarsi di due condizioni su tre, il rapporto si considera a progetto e, in mancanza di un progetto scritto, automaticamente subordinato. La presunzione si applica anche retroattivamente per le partite IVA aperte prima della riforma, a partire dal 2013.

Quando non opera la presunzione di subordinazione

La presunzione di subordinazione non trova applicazione in alcune ipotesi particolari previste dalla Riforma Fornero. In particolare:

  • Se il lavoratore è iscritto ad un ordine professionale o ad un albo qualificato;

  • Se l’attività svolta richiede elevate competenze teoriche o tecniche, acquisite con formazione specialistica o rilevante esperienza pratica;

  • Se il reddito annuo da lavoro autonomo supera 1,25 volte il minimo contributivo previsto per legge (circa 18.662,50 euro nel 2012).
    Tuttavia, è bene ricordare che la mancanza della presunzione non esclude la possibilità che il rapporto venga comunque qualificato come subordinato, se si dimostra in concreto la soggezione del lavoratore al potere direttivo dell’azienda.

Come dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato

Anche in assenza dei presupposti per la presunzione automatica, il titolare di una falsa partita IVA può sempre agire in giudizio per ottenere il riconoscimento di un rapporto subordinato. A tal fine, occorre fornire prove documentali e testimoniali che dimostrino l’esistenza del vincolo di subordinazione, inteso come soggezione personale al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Secondo la giurisprudenza consolidata, elemento essenziale del rapporto subordinato è la modalità di svolgimento della prestazione, più che il suo risultato. In presenza di dubbi, è sempre consigliabile rivolgersi ad un avvocato esperto in diritto del lavoro, per valutare correttamente la situazione e predisporre una strategia di tutela efficace.

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