Come aprire un’organizzazione di volontariato?

by Redazione

Quando si sente particolarmente vicina una problematica sociale o ambientale, è normale impegnarsi per tale causa e desiderare di riuscire ad avere un impatto positivo duraturo. Chi si riconosce in questa descrizione, valuta spesso, ovviamente non da solo, di avviare progetti come le organizzazioni di volontariato.

Per chi non ha idea di come funziona il terzo settore, un ambito relativamente giovane per lo scenario normativo italiano dato che il codice che lo regolamenta risale al 2017, appena otto anni fa, può essere portato a pensare che sia sufficiente avere gli spazi e i contatti giusti per iniziare. Assolutamente no!

Per avviare un’organizzazione di volontariato – o ODV – è necessario seguire step precisi e fare attenzione a non commettere errori, in quanto gli enti del terzo settore possono essere oggetto di controlli che riguardano documenti come gli statuti e i bilanci.

Chiarita questa premessa doverosa vediamo, nelle prossime righe, alcune informazioni fondamentali per chi vuole aprire una ODV.

I requisiti necessari

Il primo passo da compiere quando si decide di aprire un’organizzazione di volontariato è accertarsi che la realtà soddisfi determinati requisiti. Ecco quali:

  • Assenza di qualsiasi fine di lucro: né gli associati, né gli amministratori devono ricavare alcun profitto dalle attività dell’ente. Importante è sottolineare che, come nel caso delle associazioni, è vietato procedere con la distribuzione degli utili: la somma in questione, infatti, deve essere reinvestita con lo scopo di finanziare le attività dell’organizzazione e la sua crescita.
  • Numero degli associati fondatori pari a 7: nei casi in cui non è possibile soddisfare questo requisito, è bene sapere che la legge consente di avviare un’organizzazione di volontariato anche a partire da 3 ODV già esistenti e attive.
  • Volontari che si mettono a disposizione a titolo gratuito (eventualmente, se documentato, è possibile ricevere un rimborso spese).
  • Eventuali lavoratori – si parla sia di dipendenti, sia di autonomi – presenti in un numero che non superi la metà dei volontari.

Abbiamo usato il termine “ente”, e non a caso: con la riforma del terzo settore risalente al 2016, infatti, si può utilizzare tale termine – la definizione precisa è “enti del terzo settore” – per riferirsi alle organizzazioni di volontariato.

Come avviare l’organizzazione

Lo step concreto iniziale per costituire un’organizzazione di volontariato è l’apposizione della firma dei sette fondatori sia sullo statuto, sia sull’atto costitutivo. Sì, hai capito bene: non è obbligatorio ricorrere alla figura del notaio, a patto che non si abbia intenzione di tutelare i beni degli amministratori nell’eventualità di debiti.

Per amor di precisione, è bene ricordare che la scelta appena citata, fondamentale per la costituzione di un’associazione riconosciuta, è poco frequente: viene fatta nei casi in cui l’associazione ha tanti associati o un patrimonio ingente, generalmente superiore ai 15.000 euro.

A seguito della costituzione, è necessario concretizzare questi passi:

  • Richiesta del codice fiscale all’Agenzia delle Entrate: una volta che si entra in possesso di quest’ultimo, si ha la possibilità di effettuare operazioni legate alla gestione economica, a partire dall’apertura del conto corrente.
  • Richiesta dell’apertura della Partita IVA: il possesso della stessa è necessario, al posto di quello del codice fiscale, nel momento in cui l’organizzazione che si ha intenzione di aprire opera anche a livello commerciale. Dal mese di gennaio dell’anno prossimo, le organizzazioni di volontariato dovranno averla anche in caso di proposta di servizi a pagamento, anche se rivolti a soggetti non associati.
  • Registrazione all’Agenzia delle Entrate entro un mese dalla costituzione.

Entro 60 giorni dalla costituzione, è necessario presentare il cosiddetto modello EAS, specifico per gli enti del terzo settore e fondamentale per la trasmissione di diverse tipologie di dati, alcuni dei quali relativi alle entrate (tra gli scopi rientra quello di mettere a punto la documentazione per l’accesso a fondi economici).

Si conclude il tutto con l’iscrizione al RUNTS – Registro Unico Nazionale del Terzo Settore – istituito nel 2017 e consultabile pubblicamente sul web.

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